"Il calcio serve a passare del tempo in attesa della Terra Promessa". questa potrebbe essere l'headline  (ma forse anche l'epitaffio) di una stagione abbastanza assurda del Bologna Calcio.
Volendo cominciare dalle note...no, non liete, ma meno tristi, beh, partiamo dal punto conquistato a Marassi. Qualche divagazione dal solito spartito tattico, la riconferma delle capacità balistiche di Viviani, la seconda gara su due nella quale Petkovic mostra utilità ma effettua zero tiri in porta, finalmente un Oikonomou solido come può essere (se si convince che alle doti tecniche deve essere abbinata la giusta concentrazione).
Poi una conosciuta severità arbitrale (il rosso a Torosidis continua a generarmi qualche perplessità), una altrettanta conclamata sfiga (Ntcham non doveva entrare, poi entra e con un missile abbatte i gabbiani, infine, per vendicarsi, centra il sette: più sfortunati di così è difficile!), e le solite certezze: sgretolamento fisico e morale, perfino chi è moribondo, come il Genoa, si risolleva. Oramai è questa la regola ma io non trovo che sia giusto (ma non accadrà così per ragioni economiche) "liberare" l'anno prossimo giocatori e staff tecnico. No, no, mettano qualche ritocco e impongano loro di restare e migliorare, troppo comodo fare schifo e andarsene: io pensavo fossero scarsi, ma in questo modo no. Dico arrendevoli, apallici, caramellosi: ma di quei bonbon invecchiati nel salotto di zia, le Rossana che ti fanno saltare le protesi, vinavil zuccherato. Con un handicap aggiuntivo, ovvero i rientri stortissimi di un paio di leader (certo, Verdi, ma anche Taider. E la poco spiegabile idiosincrasia verso Di Francesco e Donsah).
Tutto è figlio di una società che pianifica, imposta, sorvola con leggiadria, pontifica con tatto, lascia intendere che farà. Poi, ovviamente, ci vuole un'opinione pubblica predisposta, e chi mi ha raccontato che il buon Joe Tacopina non a caso posò il suo sguardo sui petroniani (chiacchieroni e disposti all'innamoramento facile), beh, non ci è andato molto lontano.
Saputo in città ha fatto tre cose (rilevanti): visto Merola, il quale attende un progetto (entro l'anno, senza furia). Premiato la dipendente che va in pensione dopo 38 anni di onorato servizio rossoblù, un video doverosamente mieloso in cui lui e lei trasudano grande umanità (io Joey lo vorrei assessore ai servizi sociali, è veramente la figura del buon papà, signorile, educato, sinceramente partecipe del mondo circostante. Come leader, mah...vedremo).
Infine ha sviluppato l'auto-intervista su Sky, domande (tagliate in montaggio) di grande cortesia, risposte di sicura vaghezza, la conferma di traguardi differiti nel tempo il che può voler dire tutto e niente. In onda alle 20.40, in coda a tutto. D'altra parte siamo in coda in classifica, non è che si possa pretendere chissà che.
Io credo che sia in ottima fede, ovvero che ancora non sappia esattamente che pesci pigliare e quanto sia emendabile il caotico e talora truffaldino calcio italiano. Non so se sia contento del rendimento del management ma ha anche scrupolo a mettere in piedi un ribaltone che potrebbe, ai suoi occhi, solo peggiorare la situazione. 
Così panta rei os potamos, dove il fiume è la Serie A, pateticamente spaccata in tre, un modello che forse emenderanno cinesi, canadesi, speriamo non Lotito (il pensionamento di Galliani è l'emblema della fine di un ciclo) e la zattera saputiana è sballottata dalla corrente ma non si inabissa.
Personalmente non vedo l'ora che arrivi fine agosto. Anche se temo che cambi poco nelle nostre prospettive.
Una sola cosa mi dispiacerebbe: che sapessero già della scarsa praticabilità di una scalata, per quanto futura, a posizioni più attraenti, e non ce lo dicano, preferendo rimandare e illudere. Mi incrinerebbe la stima umana che ho maturato per il Chairman.

Sezione: Director's cut / Data: Mar 28 febbraio 2017 alle 09:00
Autore: Alberto Bortolotti
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